La Cogenerazione - Finanzadimpresa

Impresa Certificata F-GAS
CAT. I - Reg. UE 2015/2067
FER Elettriche, Termoidraulica
Impresa Abiitata DM 37/08
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La Cogenerazione

Aree d'Intervento > Energie Alternative > Biomasse > Focus

Cogenerazione significa generare contemporaneamente più fonti di energia secondarie partendo da un'unica fonte primaria.

Un tipico esempio di cogeneratore è il motore dell'automobile che consente di produrre, da una fonte primaria quale è l'energia chimica del combustibile, sia energia meccanica (per muovere l'auto), sia energia elettrica (per il funzionamento delle apparecchiature elettriche dell'auto), sia termica (per riscaldare l'abitacolo dell'auto).

Va detto che la combustione nella cogenerazione non elimina le conseguenze inquinanti.

Di fatto, l'impianto a cogenerazione brucia derivati delle fonti primarie fossili come una qualsiasi centrale elettrica producendo emissioni di monossido di carbonio, di ossidi di azoto e di particolato.

L'aspetto inquinante può comunque essere ridotto mediante l'uso di biocombustibili (es. biodiesel).

In questo caso la tecnologia selezionata prevede l’utilizzo di combustibili rinnovabili concorrendo all’abbattimento delle emissioni di CO2 in atmosfera e migliorando l’efficienza globale dei sistemi energetici considerati.

IL PROCESSO


Il processo di combustione produce calore che si trasforma in energia meccanica e quindi in energia elettrica (ed in parte invece di essere dissipato nell’ambiente, viene recuperato tramite un apposito modulo termico che raccoglie e converte l’energia contenuta negli scarichi del motore primario in energia termica utilizzabile per produrre, ad esmpio, acqua calda).

Nei sistemi a trigenerazione viene assicurata anche la produzione di acqua fredda, destinata ad utilizzi diversi.

Un solo cogeneratore da 5,5 KWp (capace di produrre fino a 45.000 KWh su base annua) riduce le emissioni di CO2 della stessa percentuale che si potrebbe ottenere con la crescita di 15.000 alberi.

L’USO DI OLIO VEGETALE


L’uso diretto di olio vegetale puro come combustibile, può rappresentare una possibile alternativa (o, più precisamente, un’integrazione) ai tradizionali combustibili fossili, sostenibile sia da un punto di vista economico che ambientale.

L’olio vegetale puro rappresenta una reale opportunità per ridurre i consumi dei combustibili fossili: può essere prodotto in maniera ambientalmente ed economicamente sostenibile da un’ampia varietà
di semi, quali girasole, colza, soia, Jatropha Curcas, lino, limitando l’uso di fertilizzanti.

Lo scopo è quello di sviluppare modelli, basati sia su filiera corta che su filiere industriali, per la produzione di olio vegetale destinato a energia e trasporti in ambito rurale.

L’utilizzo di olio vegetale per la produzione di energia in motori diesel opportunamente convertiti è piuttosto diffuso in molti Paesi Europei, mentre l’impiego di questa materia prima nei trasporti e soprattutto nei macchinari agricoli è ancora poco conosciuto e applicato, se non in alcuni Paesi (Germania, Danimarca e Francia).

Le fluttuazioni del prezzo del petrolio hanno comportato un maggior interesse delle aziende agricole verso l’auto-produzione di energia a minor costo, attraverso filiere agro-energetiche.

E nonostante l’attuale grado di incertezza sulla loro convenienza, è chiaro che le colture energetiche rappresentino una nuova opportunità di mercato.

Attualmente in Europa, solo il girasole, la colza e la soia hanno raggiunto livelli di produzione tali da giustificarne la loro coltivazione.

Queste colture non presentano particolari problemi visto che le fasi di produzione sono ormai meccanizzate e i macchinari, impiegati anche nella produzione dell’olio alimentare sono utilizzati per le rotazioni annuali principalmente di frumento e di mais e risultano facilmente disponibili nelle aziende.

La produzione di oleaginose e la successiva spremitura può avvenire secondo due principali modalità: in impianti industriali, con estrazione meccanica seguita da estrazione chimica tramite solvente, o in impianti di piccola scala (decentralizzati) con sola estrazione meccanica (detti a freddo).

La piccola scala permette di adottare un modello consortile, dove il servizio di spremitura è funzionale all’ottenimento dei due prodotti: l’olio vegetale e il panello proteico (residuo solido della spremitura a freddo).

Il processo produttivo è piuttosto semplice.

Durante la fase di estrazione, i semi prelevati dallo stoccaggio mediante una coclea automatizzata vengono inviati a un vibro-vaglio per la pulizia.

Un foglio magnetico elimina eventuali materiali metallici che potrebbero danneggiare la pressa.

Il seme entra dunque nella pressa, dove viene effettivamente estratto l’olio vegetale.

Il panello pressato viene trasferito mediante un nastro trasportatore allo stoccaggio temporaneo, per poi essere inviato all’alimentazione animale (può anche essere pellettizzato, per lo stoccaggio).

L’olio subisce invece una prima decantazione ed è quindi pompato verso i filtri pressa, passati i quali, può essere inviato allo stoccaggio temporaneo e quindi alla distribuzione agli utilizzatori.

COSTI-BENEFICI


L’analisi economica ha evidenziato come il prezzo di acquisto del biocombustibile da parte degli agricoltori per impiego interno aziendale,  possa orientativamente essere collocato in una fascia compresa tra gli 0,6 e gli 0,7 €/l, quindi estremamente competitivo con i combustibili fossili, anche in considerazione dei continui aumenti del prezzo del petrolio.

Il tempo di ritorno per chi si fa carico della realizzazione e della gestione dell’impianto di spremitura del seme di oleaginose, risulta pari a circa 5-6 anni, anche in funzione della valorizzazione del panello proteico, un coprodotto che rappresenta il 60-70 % in peso del seme in ingresso.

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